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Auguri Sir Charles!

barkley
loza on 20 febbraio 2014 - 1:53 in Basket, NBA, Oggi faccio gli Auguri a..., Sport ITA, Sport USA

Getto la maschera: è il mio giocatore preferito di tutti i tempi. Non il più forte, ci mancherebbe. Il mio preferito e basta. Perché? Prendo a prestito la didascalia sotto la mega foto che mise American Superbasket nel commentare il suo ritiro: “Come potrà non mancarci uno con una faccia così?”. Ecco, la faccia dice tutto… Charles Barkley compie 51 anni, non ha mai vinto un titolo ma gli è sempre andata bene così. O meglio, se ne è fatto una ragione e adesso è un brillantissimo commentatore. Spara scempiaggini a rotta di collo, ma diverte ed è realmente un personaggio. Solo lui può farsi riprendere mentre si strafoga al Thanksgiving nell’intervallo di una partita che commenta. Solo lui può dire: “Yao Ming non segnerà mai 20 punti nell’anno d’esordio, altrimenti ti bacio il c***”, riferito al dirimpettaio nello studio televisivo, Kenny Smith. Beh, è andata diversamente… Solo lui può sputare (sì, sputare) tra il pubblico, pentirsene veramente e fare il faccione che ha. Solo lui può avere uno swing così quando gioca a golf: http://www.youtube.com/watch?v=NxLkEPb5DzI… Solo lui può intervistare così Obama: http://www.youtube.com/watch?v=wfdaRfSv2ik

Una faccia, una ciccia. Ad Auburn gioca prevalentemente sotto, mostrando talento (tanto) e chili (anche di più). Non arriva ai due metri neanche alzandosi sulle punte, eppure è evidentemente un crack al quale la Nba non può rinunciare. Al College gli affibbiano il soprannome “The round mound of rebound”, un po’ per il girovita, un po’ per la famelica capacità di attirare tutti i palloni sputati dal ferro.

La grande lega lo attende, ma ha la sfiga (o la fortuna?) di essere disponibile nel draft del 1984. Sì, QUEL draft. Quello di Olajuwon alla 1 e Jordan alla 3. Lui scende alla 5 dietro a Sam Perkins, ma se vi ricordate bene non è poi un così grosso scandalo. Vogliamo parlare di John Stockton alla 15?

Detto questo, va ai Sixers e gli dice bene, perché entra in cattedrale con due cardinali (Doctor J e Moses Malone) e soprattutto va sotto l’ala di Malone per quanto riguarda professionalità e controllo del peso. 14 punti e 8 rimbalzi al primo anno, arriva con Phila alla finale di Conference dove perde con Boston, mentre nel secondo anno esplode: numero 4 titolare, 20 punti e 13 rimbalzi ma sconfitta nelle semi di Conference dai Bucks (non quelli di oggi, evidentemente). Barkley si fa spazio (…) e Malone viene inviato verso la capitale in trade. Il risultato? Una stagione ’86-’87 da 23 punti (col 59%) e 14.6 rimbalzi, primo in tutta la Nba (ma ancora fuori dai Bucks). L’anno dopo anche il Doctor si ritira e Chuck sale vertiginosamente a 28.3 punti (con oltre il 58% dal campo) e 11.9 rimbalzi. Il problema è che la squadra si è indebolita e non va ai playoff. L’anno seguente solo un primo turno (perso) coi Knicks e in regular medie sempre ottime: 26+12. Nell’’89-’90 è secondo dietro a Magic Johnson nella corsa all’mvp e i numeri, così come l’efficacia come scorer, sono sempre straordinari (25+11), ma i Sixers perdono in semifinale a est contro Chicago. Come il giorno della marmotta, sempre uguale a sé stesso, anche il ’90-’91 ha la stessa fine (ko dai Bulls in semi) e cifre comparabili (28 e 10). Sette stagioni fantastiche, nessun anello e la sensazione di aver visto nascere, in quegli anni, proprio quella scelta nr 3 del draft 1984 che gli toglierà molte gioie sportive. Non solo in quei due anni ai Sixers, ma anche quando si trasferirà sull’altra costa… L’ultimo anno ai Sixers (23+11) è il ’91-’92 e Sir Charles veste la 32. Sì, la 32 invece della “sua” 34. Perché? Perché il 34 era il numero di Magic che aveva appena annunciato la sua sieropositività. Non fa i playoff e vuole essere ceduto.

È accontentato, se ne va a ovest, lascia la zona Jordan e si immerge nelle paludi della Western Conference. La data è il 17 luglio del 1992: Barkley per Hornacek, Perry e Lang. Adesso è a Phoenix.

La prima stagione ai Suns inizia col titolo di Mvp della lega, con un ottimo 26+12 e con la finale Nba. Solo che di là, dall’altra parte, c’era pur sempre quel tizio col 23. Amico, certo, ma stramaledettamente vincente quando c’era da fare sul serio. “I believe it’s our destiny to win a world championship”, disse Barkley. Beh, il destino a volte può essere anche bastardo e prenderti per il culo, caro Chuck. Le prime due gare, giocate in Illinois, vanno a Chicago anche se il nostro ne mette prima 21 e poi 42 con 13 rimbalzi. Una serie di finale di livello allucinante per Sir Charles, con Phoenix che vince la terza in triplo overtime (25+19). Nella quarta arriva pure una tripla doppia (31+12+10), ma di là c’è pur sempre MJ e vincono i Bulls, che poi chiuderanno la serie alla sesta in casa. Di qua c’è un fenomeno, di là c’è Dio, tutto qua (41 di media nella serie per Jordan).

Jordan si ritira dopo il three-peat e parecchie squadre salivano all’idea che si possa tornare a vincere. Anche i Suns. Nonostante i guai alla schiena Barkley va comunque con un buon 22+11 e in gara3 del primo turno di playoff coi Warriors giochicchia e fa abbastanza canestro. Oddio, abbastanza… Alla fine sarebbero 56 con 23/31 dal campo… Terza prestazione ogni epoca nei playoff a quella data. Poi però, nonostante il 2-0 d’avvio, arriva il ko in 7 gare con gli Houston Rockets che vinceranno il titolo. Avevamo parlato di giorno della marmotta? Eccone un altro. Nel 1994-1995 (23+11) ancora una sconfitta coi Rockets, ancora in sette partite, ancora in semifinale, ancora coi Rockets poi campioni. È l’anno del “Bacio della morte” di Mario Elie (http://www.nba.com/video/channels/nba_tv/2013/09/12/mario-elie-1995-kiss-of-death.nba/), quello della tripla del sorpasso a -7” dalla fine di gara7… Dopo che i Suns erano stati avanti 3-1 nella serie…

Fa male, fa malissimo e l’anno seguente è l’ultimo in Arizona (23+12), con Chuck che poi prende armi e bagagli per andare a formare un super trio a Houston con Drexler e Olajuwon. La media punti per forza di cose scende (19), ma a rimbalzo eccome se si fa sentire (13.5). In finale a ovest si perde con Utah, killer dei Rockets anche l’anno successivo (15+12 per il nostro), ma al primo turno. Poi 16+12 nell’anno del lockout con ko al primo turno coi Lakers. L’anno dopo, il 1999-2000, fu quello dell’addio. Da segnalare, naturalmente, numeri ancora del tutto rispettabili (14.5+10.5), ma pure quella lievissima vena rissosa. Pure con uno che diventerà suo “amico” di tv come Shaquille O’Neal. Guardatevi questa rissa, tra le top 5 Nba di tutti i tempi: http://www.youtube.com/watch?v=W0vCaZkULds. Scusate, ma uno che ingaggia una sfida di sumo con Shaq deve essere pazzo, idiota o tutte e due insieme. Idolo.

 

In carriera 22.1 punti e 11.7 rimbalzi a partita, con cifre superiori nei playoff (23+12.9). Due ori olimpici, il primo certamente quello più significativo. Quello del primo vero Dream Team, la miglior squadra di tutti i tempi. Volete sapere chi fu il miglior marcatore in quella squadretta lì? Il nostro Chuck… 18 punti col 71% dal campo…

Entra di diritto nella super lista dei 50 migliori giocatori di tutti i tempi (ma è chiaramente molto più in alto del 50° posto). Recita con Jordan in Space Jam e scrive libri, uno dei quali ha un titolo fantastico: “I may be wrong but i doubt it”. Col vizio del gioco, con voglia di fare politica (repubblicano pentito) ma soprattutto con uno smodato talento per l’intrattenimento…

Adesso con Shaq fa solo divertire: http://www.youtube.com/watch?v=cW2-x-0lAQo

 

“You got to believe in yourself. Hell, I believe I’m the best-looking guy in the world and I might be right”

Charles Barkley

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