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I 41 anni di Chris Webber, quel time-out a Michigan e la serie contro i Lakers…

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loza on 1 marzo 2014 - 8:50 in NBA, Oggi faccio gli Auguri a..., Sport USA

L’ultima volta l’avete visto alle prese con una delle due squadre Rookie-Sophomore all’All Star Weekend. In discreta forma, brillante come lo era il suo gioco. C-Webb, Chris Webber per intenderci, si è ritirato ma continua a ronzare attorno al mondo Nba in più vesti. Oggi arriva a 41 anni e nella sua carriera gli highlight non sono mancati. Gli anelli sì…

Resta in “casa” quando c’è da andare al college. Vai ai Wolverines, va a Michigan. Io qua non ho intenzione di parlare dello scandalo Ed Martin (http://sportsillustrated.cnn.com/multimedia/photo_gallery/1108/top-scandals-ncaa-history/content.14.html), qua voglio parlare di sport. E non è che, anche in questo caso, per Webber ci sia da sorridere. Ai Wolverines capita con una classe di compagni di squadra da fantascienza. Non a caso erano soprannominati i “Fab five”. Con lui Ray Jackson e Jimmy King, ma soprattutto Jalen Rose e Juwan Howard. Non malissimo a livello di mani e talento puro. La squadra va forte, fortissimo, arriva due volte alla Final Four ma non taglia mai l’ultima retina. Erano tempi in cui, addirittura in Italia, le maglie di Michigan di Chris Webber erano in vendita nei negozi generalisti di basket. Entravi nel negozio, guardavi quella numero 4 e poi pensavi “Noo, con quello che ha fatto…”. Cosa ha fatto il nostro Chris? Ha chiamato un time-out che non aveva nella finale del 1993 contro North Carolina. Mancavano 11 secondi, Wolverines a -2 e palla in mano: di lì in poi fallo tecnico per il time-out che non c’era e partita finita http://www.youtube.com/watch?v=-QPB9NBUG2g .

Un time-out per cui è stato deriso negli anni e che non è mai stato cancellato dalla memoria, pazienza se poi nella Nba ha viaggiato a 20 e 10 di media (20.7 punti e 9.8 rimbalzi). Scelto alla numero uno assoluta al Draft del 1993 dagli Orlando Magic, è stato subito ceduto a Golden State in cambio di Penny Hardaway e tre future prime scelte. Ai Warriors gioca solo una stagione, va ai playoff, è rookie dell’anno ma poi passa a Washington (i Bullets, ancora non c’era il problema del “politically correct” sul nome). Nella capitale resta fino al ’98, diverte col suo gioco fatto di piedi veloci e mani di zucchero ma la squadra vince poco o nulla, nonostante in giro per il campo vaghino anche, per esempio, Juwan Howard e Rasheed Wallace.

Poi i Kings, nella splendida cornice (…) di Sacramento. La prima stagione è quella del lock-out e insieme a lui c’è gente con mano e intelligenza cestistica ai massimi livelli come Stojakovic, Divac e Jason Williams. Nel 2000-2001 viaggia addirittura a 27.1 punti di media, straordinario. L’anno dopo la squadra vince il suo record storico di partite, 61, e arriva in finale di Conference coi Lakers. Lì la storia cambia. La classica piuma di Forrest Gump, il nulla che ti fa andare da una parte o dall’altra… Da 3-2 sopra alla sconfitta in 7 gare con infinite polemiche arbitrali e anche rimpianti per quella tripla dall’angolo sinistro di Stojakovic che non prese neanche il ferro…

Mai più finale di Conference, con Webber che poi patisce per un infortunio e nel 2005 viene ceduto a Philadelphia. Lì per due anni, poi Pistons e infine poche partite nel ritorno ai Warriors prima del ritiro nel marzo 2008.

Cinque volte All Star, una volta primo quintetto Nba (2001), Rookie dell’anno nel 1994 e primo rimbalzista nel 1999, più una serie infinita di allori. Si è divertito ma non ha vinto niente. Non è stato il primo e non sarà l’ultimo…

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