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Oggi compie gli anni il Mago di Zo, Alonzo Mourning

timmy e zo
loza on 8 febbraio 2014 - 0:27 in Oggi faccio gli Auguri a...

C’è il Mago di Zo che compie gli anni oggi, 8 febbraio. Ci sarebbe anche Carolina Kostner ma… Naaaa, meglio Zo.

Beh, Zo ha avuto, suo malgrado, più di una faccia. Quella dura di lungo tutto di un pezzo. Quella da “ti spiezzo in due”, anche un po’ bastardo. Poi quella successiva alla malattia, sempre fiera e con gli occhi che guardano avanti. Ma, questa volta, con l’appoggio commosso dell’intero mondo cestistico.

Alonzo Mourning è nato l’8 febbraio del 1970 a Chesapeake, che non è l’arena dei Thunder ma una cittadina tranquilla della Virginia. Già un predestinato a livello di High School, con la tripla doppia di media da senior (con le stoppate…) che attira l’attenzione di college di grande prestigio. Va a Georgetown, università che tradizionalmente nel corso degli anni ha sfornato centri su centri. Anche questa volta funziona: dopo Mutombo e Ewing ecco Mourning. Diventa All American e al draft del 1992 è scelto al numero 2 dopo… Shaquille O’Neal (unico giocatore non americano in quel draft? Danilovic).

Va a Charlotte e si impone subito in doppia-doppia a 20 e 10, stoppando anche le mosche (3.47 il primo anno…) e costruendosi fin da subito una credibilità difensiva che non ha mai lasciato. Tre anni ottimi, poi qualche attrito con Larry Johnson e l’approdo ai Miami Heat. È lì, nella Florida, assieme a Tim Hardaway e sotto la guida di Pat Riley, che “Zo” scrive alcune delle pagine più intense della storia Nba. Memorabili le serie playoff coi Knicks, qualcosa che a livello di cattiveria, odio sportivo e durezza non s’è più visto negli ultimi anni. Strepitosa la serie del 1997. Un “instant classic” dietro l’altro, un misto tra un film di Clint Eastwood e uno di Tarantino.

Gara1 la vince New York e tutti la ricordano per la schiacciata di Ewing in testa a Mourning. Miami pareggia la serie ma New York si riporta avanti quando Ewing stoppa il tiro di Hardaway che poteva rimettere in discussione tutto. In gara4 è un dominio Knicks, ma la serie non è affatto finita, anzi, comincia proprio in quel momento. Gara5 è quella del brawl, della mega rissa, iniziata a rimbalzo con Pj Brown e Charlie Ward che fanno “sumo” e proseguita con tutti in campo a darsele di santa ragione. Il problema di quella serie fu proprio quello: arrivando di corsa dalla panchina, Ewing, Houston, Larry Johnson (ancora lui) e Starks furono sospesi una partita. Con il 3-2 già in tasca, anche il 3-3 arrivò di conseguenza. E gara7 finì a Miami per una rimonta storica. Poi Miami perde con Chicago ma l’anno dopo ritrova i Knicks, questa volta al primo turno. La serie finisce nelle mani di New York e Mourning qui è ricordato per una scazzottata da saloon con l’ex compagno Larry Johnson, una robettina che in confronto Tyson e Holyfield sembrano due signore anziane all’uncinetto. La scena più bella però rimane Jeff Van Gundy che si aggrappa alla gamba di Zo…

New York vince anche la  serie del 1999 (quella del lockout) e poi pure quella, sanguinosissima, del 2000, finita in sette partite (in gara7 Heat avanti anche di 11…). In quella estate Mourning va a vincere le Olimpiadi di Sidney con gli Stati Uniti, ma quando ritorna in patria cominciano i problemi. Forse Zo non ne conosceva nemmeno il nome, ma quando si sente dire “focal segmental glomerulosclerosis”, sente dei brividi lungo la schiena. “Glomerulosclerosi segmentaria e focale”, una malattia ai reni che lo costringe a cure particolarmente debilitanti che gli fanno perdere quasi tutta la stagione. Gioca per intero la regular season successiva, ma nel 2002-2003 tornano i problemi ai reni e non si vede per nulla. E intanto quell’area da “cattivone”, da “burbero”, da “testa di…” un po’ si affievolisce. Non in lui. Non nel suo spirito. Quello è sempre forte, d’acciaio. È la considerazione pubblica che gira, che lo mette dalla parte dei buoni. Lui ne avrebbe fatto volentieri a meno, questo è sicuro…

Intanto il suo contratto con gli Heat termina e firma da free agent per i Nets. Gioca pochissimo, 30 partite in due anni e poi torna agli Heat. Ma in mezzo a quei due anni… In mezzo a quei due anni arriva il trapianto di rene. Scioccante, ma torna a giocare. Un superuomo. Punto.

Miami è la sua casa. SUA, molto prima del titolo con Wade e della legacy di Lebron. La rispettabilità degli Heat è cominciata con lui e Timmy Bug. A Miami ci arriva dopo aver rifiutato Toronto e dopo aver fatto la voce grossa, il muso duro. Fa il back-up a Shaq e il secondo anno arriva il titolo, quello della finale con Dallas, quello del 2006. È ancora un fattore, non domina ma rimane importante. Il titolo è molto di Wade, ma lui l’ha meritato con una carriera fantastica. Gioca altre due stagioni e poi si ritira. 7 volte All Star, 2 volte difensore dell’anno, la maglia 33 degli Heat ritirata, l’anello del 2006. È ancora nell’organizzazione di Miami. Ha una moglie (Tracy) e tre bambini.

 

“If I would have listened to other people back in 2000 telling me I should have stopped playing basketball because of a kidney disease, i wouldn’t have won a world championship”

The Wizard of Zo, quando i centri dominavano la lega…

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